MM1 – Percorso Medievale

Da Roma a Siponto, nel segno di Mikael

A diffondere il culto micaelico in Occidente contribuirono il monachesimo (bizantino, in primis) e la cultura penitenziale. Grazie ai frequentissimi passaggi di romei, santi e guerrieri, lungo i secoli del Medioevo, il Santuario garganico divenne uno dei quattro luoghi di pellegrinaggio più battuti della cristianità, secondo la declinazione Homo (Roma e Santiago de Compostela) – Angelus (Grotta di Monte Sant’Angelo) – Deus (Gerusalemme). A partire dall’Alto Medioevo, il pellegrinaggio al Sacro Monte del Gargano (per devozione e penitenza, per ottenere protezione e guarigioni) divenne fenomeno di ampiezza europea, interessando in particolare Francia, Germania, Spagna e Isole Britanniche, come testimoniano le fonti letterarie e le scritte e i nomi graffiti sui muri della Grotta (PETRUCCI 1963, 145-180). E d’altra parte un po’ ovunque, in Francia soprattutto, furono costruiti santuari micaelici ad instar, modellati cioè sul prototipo garganico: una montagna, le apparizioni, la presenza di un toro, una chiesa in forma di grotta (crypta), ed ancora acqua miracolosa, guarigioni. La fondazione di Mont-Saint-Michel in Normandia ha proprio queste caratteristiche in un’anonima operetta agiografica del IX secolo: Apparitio Sancti Michaelis archangeli in Monte Tumba. Orientato il territorio molisano, per la sua stessa geografia, dal versante tirrenico al versante Adriatico, su quelle che amiamo chiamare le “antiche vie del Sannio” si sono ritrovati, per secoli, in gran numero, non solo guerrieri, avventurieri e mercanti, ma anche pellegrini e crociati diretti al Gargano e/o ai porti pugliesi per l’imbarco verso la Terrasanta. In un documento del Codice Diplomatico Tremitense (ovvero nel Chartularium Tremitense), Giso, figlio di Mainardo, per salvare la propria anima, quella della moglie Giburga e dei suoi parenti, dona al monastero di S. Giacomo (nelle Tremiti ma dipendente da Montecassino), anche la chiesa di S. Giovanni Evangelista nelle vicinanze di Montenero di Bisaccia (CB) con tredici vigne in cento moggi di terra. La via francisca, nominata in questa Chartula donationis dell’anno 1024, corrisponde di fatto al tratturo denominato Centurelle-Montesecco e che, distaccatosi dal tratturo L’Aquila-Foggia presso la Chiesa di S. Maria dei Cintorelli (a Caporciano, in Abruzzo), vi si riunisce a Montesecco (vicino Chieuti). Ma attestazioni per via francisca o francesca sono anche nel territorio di Venafro e a Larino. I numerosi monasteri benedettini, sorti nel Medioevo, in territorio molisano (cuore dell’antico Sannio), erano collegati da una rete viaria che con i suoi assi interni nord-sud/est-ovest, metteva in comunicazione fra loro le città di Venafro, Isernia, Bojano, Sepino, Larino, e queste con l’Adriatico e con i centri limitrofi e i grandi percorsi che dal Nord e da Roma raggiungevano il Sud della Penisola.

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I territori attraversati

Roma – Osteria dell’Osa/Gabii – Gallicano – Palestrina – Cave – Genazzano – Paliano – Serrone (Eremo di San Michele) – Piglio – Acuto – Fumone – Alatri – Veroli – Casamari – Arpino – Atina – San Biagio Saracinisco – Cerasuolo Vecchio (Scapoli/Castel San Vincenzo/Rocchetta al Volturno) – Colli al Volturno – (Fornelli/Macchia d’Isernia) – Isernia – Pettoranello – Castelpetroso – Sant’Angelo in Grotte – Santa Maria del Molise – Taverna di Cantalupo – Bojano – Baranello (Monte Vairano) – Campobasso – Taverna del Cortile (Ripalimosani) – Matrice – Campolieto – Ripabottoni – Bonefro – Montelongo – Torre di Magliano – Santa Croce di Magliano – Torremaggiore – San Marco in Lamis – San Giovanni Rotondo – Monte Sant’Angelo (e Abbazia di Pulsano) – Siponto (Chiesa di S. Maria Maggiore).

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Diramandosi da Roma, idealmente da Castel Sant’Angelo, dopo il tratto urbano intra moenia (ispirato al primo percorso descritto nel IX secolo dall’Anonimo di Einsiedeln, con tappa significativa presso la chiesa di Sant’Angelo in Pescheria (eretta fra 750-799), l’itinerario si snoda nella Campagna romana (ora estrema periferia orientale della capitale), in direzione Est, seguendo l’asse viario labicano-prenestino, l’Acquedotto Alessandrino, l’antica Via Gabina e l’antica Prenestina (oggi nell’insieme denominate “francigena prenestina”). Il percorso si mantiene in asse con la Prenestina antica fino a Serrone-Fiuggi per procedere dunque verso Fumone, Alatri, Veroli, Casamari e poi Arpino, Atina, San Biagio Saracinisco, seguendo la dorsale appenninica quasi sempre a mezza costa, ed entrando in Molise in corrispondenza dell’Alta Valle del Volturno (in corrispondenza delle rovine di Cerasuolo Vecchio e del Monastero di San Pietro ad Itrias, dell’eremo di San Michele a Foce, della Chiesa rupestre di S. Maria delle Grotte, dell’Abbazia di San Vincenzo. Lasciandosi quindi alle spalle le splendide Mainarde, ci si incammina verso Colli a Volturno e, attraversato l’agro di Macchia-Fornelli, si passa per Isernia, lambendo il Santuario dei SS. Cosma e Damiano (e S. Michele) concludendo così la direttrice Atina-Isernia per dirigersi verso il Matese, e raggiungere, lungo il tratturo Pescasseroli-Candela – dopo Fonte Sant’Angelo, Pettoranello, Castelpestroso – il borgo di origine longobarda di Sant’Angelo in Grotte, a 1000 metri s.l.m. Da Sant’Angelo in Grotte (e scalo di Santa Maria del Molise), fiancheggiando le copiose sorgenti del torrente Rio, ridiscesi a Taverna di Cantalupo e percorsi i pochi chilometri restanti fino a Bojano, l’itinerario procede lungo la Valle del Biferno seguendo l’orientamento del braccio Matese-Cortile-Centocelle, che culmina nella località omonima, in corrispondenza dell’attuale stazione ferroviaria di Ripabottoni/Sant’Elia a Pianisi. Nei pressi di Santa Croce di Magliano (e Torre di Magliano), il tratturo Sant’Andrea-Biferno si innesta sul Celano Foggia, seguendo il quale si raggiunge il fiume Fortore. Guadatolo (all’incirca a metà strada fra Castel Dragonara e Ponte di Civitate), puntando in lontananza al Promontorio del Gargano, si procede, sul tratturo La Nunziatella-Stignano, fino ad imboccare, dalla ex-stazione di San Marco in Lamis (ma idealmente dall’antica Ergitium), la cosiddetta “Via francigena micaelica”, ben tracciata, segnata, manutenuta fino a Monte Sant’Angelo. Nell’ultima tappa, in discesa verso il mare, di particolare suggestione sono gli eremi di Santa Maria di Pulsano e le rovine e le chiese dell’antica Sipontum (Siponto), fino alla metà ca. del secolo XIII, attivo porto commerciale e punto d’imbarco per l’Oriente.

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Dal Liber de apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano

(V-VIII secolo d.C.)

«Vi era in questa città [i.e. Siponto] un uomo molto ricco di nome Gargano [n.d.r. un ricco pastore] che, a seguito delle sue vicende, diede il nome al luogo. Mentre i suoi armenti pascolavano qua e là per i fianchi scoscesi del monte, avvenne che un toro – che disprezzava la vicinanza degli altri animali ed era solito andarsene da solo – al ritorno della mandria, non era tornato nello stazzo. Il padrone, riunito un gran numero di servi, cercandolo in tutti i luoghi meno accessibili, lo trova, infine, sulla sommità del monte, dinanzi ad una grotta. Mosso dall’ira perché il toro pascolava da solo, prese l’arco, e cercò di colpirlo con una freccia avvelenata. Questa ritorta dal soffio del vento (velud venti flamine ritorta), colpì colui che l’aveva lanciata». Sbigottiti da tali fatti, i cittadini consultano il loro vescovo, e questi dopo aver indetto un digiuno di tre giorni, riceve una visione dell’ Arcangelo Michele il quale gli rivela come, con quel prodigio, abbia inteso scegliere per sé quel luogo sulla terra e manifestare di esserne egli stesso inspector atque custos».

Le tappe del percorso medievale

Tappa 1

Tappa 2

Tappa 3

Tappa 4

Tappa 5

Tappa 6

Tappa 7

Tappa 8

Tappa 9

Tappa 10

Tappa 10 BIS

Tappa 11

Tappa 12

Tappa 12 BIS

Tappa 13

Tappa 14

Tappa 14 BIS

Tappa 15

Tappa 16

Tappa 17

Tappa 18